interviste

la voce di un Ticino in continua crescita ed evoluzione

Guido Codoni

La memoria storica del Mendrisiotto

Guido, come è cambiato il Mendrisiotto in questi anni?

“Nei miei ricordi di bambino c’è anche quello di mia nonna intenta a fare il bucato col ranno. Sicuramente di cambiamenti ne ho vissuti, ma alla fine dei conti, l’unico che ha fatto la differenza è stato l’avvento dell’informatica. Se devo parlare del territorio del Mendrisiotto, negli anni Settanta del secolo scorso, piani regolatori troppo compiacenti e poco armoniosi ne hanno causato uno sviluppo disordinato. Quanto mi conforta e mi fa ben sperare è il fatto che chi ora governa, cresciuto nella seconda metà del secolo scorso, resosi conto dello sfacelo al quale si andava incontro e in maniera più o meno virtuosa, sta capendo l’importanza della salvaguardia dei nuclei, del verde negli spazi pubblici, del bosco e di tutto quanto permette di vivere in armonia con la natura”.

Di innumerevoli storie, ce n’è una che ricorda con più piacere?

“Tra le molte persone intervistate, chi mi ha affascinato maggiormente sono quelle che nel corso della loro esistenza hanno accumulato esperienze e capacità materiali enormi. Persone che hanno saputo cavarsela nella vita senza aver frequentato tante scuole, con tanta cultura nelle conoscenze tramandate da generazione in generazione. Se devo citare una persona, per la sua vita avventurosa e per l’emozione che mi ha dato, Elio Canevascini. Mentre mi raccontava della sua vita avventurosa, parlando dei suoi affetti e avvicinandosi al pianoforte, parlando della moglie Nella, da poco scomparsa si mise a piangere a dirotto. Questo mi commosse molto”.

Stabio durante la seconda guerra mondiale. Che ruolo ha avuto?

“Durante il Secondo conflitto mondiale, dal 1939 al 1945, la Svizzera si trovò a ospitare migliaia di fuggiaschi da tutta l’Europa. Tra i flussi, uno dei più massicci si ebbe alla frontiera sud con l’Italia. A migliaia cercarono riparo nella Confederazione, considerata tradizionale terra d’asilo. In particolare una fiumana di giovani cercò di entrare in Ticino, soprattutto dal Gaggiolo. Nel 2014, settant’anni dopo i fatti del settembre 1943, ho raccolto, con l’amico Marco Della Casa, diverse testimonianze (penso le ultime) di chi entrò e di chi accolse questi richiedenti l’asilo. Tra le testimonianze di chi accolse che mi sono rimaste impresse, quelle delle donne, allora ragazzine, che si prodigarono portando quello che potevano (pane, mele,…) rammassato alla bell’e meglio in famiglia”.

Da dove nasce la sua curiosità per il territorio?

“Durante i miei quarant’anni di insegnamento, sul periodico della scuola spronavo gli allievi a scrivere del territorio o di persone legate allo stesso. Ritengo fondamentale per un insegnante calarsi nel territorio, valutare le sue trasformazioni e far conoscere il pensiero di chi ci ha preceduto. Una volta in pensione mi è stato facile proseguire su una strada già tracciata”.

C’è qualche altra pubblicazione nel futuro di Guido Codoni?

“In una casa di Obino, sparse nel solaio a mo’ di isolazione, è stata ritrovata una cospicua corrispondenza che racconta la storia di una famiglia proprietaria, negli anni Venti, di una fabbrica di tabacco. E allora, perché non provare a far rivivere quel periodo? È iniziato un viaggio che mi ha portato a scoprire gente e luoghi di un Mendrisiotto d’antan”.

Pubblicazione articolo: INFOpmi Alto Mendrisiotto – marzo 2022