interviste

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Mauro Reina

Ambasciatore della Confederazione Svizzera all’Avana (Cuba)

Ambasciatore, in cosa consiste il suo lavoro in breve?

“Il lavoro di un Capo missione può variare a seconda del Paese di destino. A Cuba il dossier prioritario è quello della cooperazione bilaterale. Nonostante la presenza di un direttore e di uno staff della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) integrati nell’ambasciata, mi spetta un ruolo di responsabile ultimo della buona esecuzione dei progetti. Mi occupo inoltre della promozione di eventi culturali, di assicurare il buon andamento delle relazioni politiche bilaterali, di supervisionare il lavoro del consolato e della condotta del personale svizzero e locale, in totale 35 persone. Siamo a tutti gli effetti una PMI”.

Il suo deve essere un lavoro in costante contatto con le autorità locali e quelle svizzere. È così?

“L’ambasciata e l’ufficio della cooperazione svizzera che ne fa parte, sono in contatto quotidiano con varie istanze del DFAE e degli altri dipartimenti a Berna, ma pure con Cantoni e Comuni svizzeri in ambito consolare. A Cuba abbiamo due interlocutori principali, il Ministero degli affari esteri (Minrex) e quello del commercio (Mincex) con il quale esecutiamo i vari progetti di aiuto allo sviluppo. Uno dei campi di azione della cooperazione svizzera è quello dello sviluppo delle autonomie locali, per cui interagiamo anche con le Province e diversi Comuni dell’isola. A Cuba vi è una presenza importante del sistema delle Nazioni Unite, con almeno una dozzina di agenzie specializzate con le quali pure collaboriamo. Un altro aspetto chissà non molto conosciuto è che all’Avana sono rappresentati tramite ambasciate più di 120 Paesi (a Berna per dare un’idea sono una novantina) e l’interscambio di esperienze e opinioni con i miei omologhi è costante”.

Le manca la Svizzera?

“La vita del diplomatico è per definizione nomade e dunque una scelta di vita. Esercito questa professione da ormai 33 anni, anche se a quattro intervalli ho lavorato per un totale di 15 anni a Berna e a Ginevra, e un po’ mi sono fatto all’idea di vivere al di fuori della Svizzera! Rientro comunque sempre molto volentieri in patria e durante questi ultimi anni, a causa del Covid e della distanza, l’ho potuto fare solo due volte all’anno. Per questo motivo, dopo l’esperienza a Cuba, vorrei, per la mia prossima missione, avvicinarmi alla Svizzera per poter visitare più spesso i miei anziani genitori”.

Recentemente si è aperta la mostra dedicata a Favez, Henri o Enriqueta. Di cosa si tratta?

“Henriette Favez è veramente esistita, anche se la sua fu una vita da romanzo. Nata a Losanna nel 1791, terminò la sua straordinaria, tragica e trasgressiva esistenza nel 1856 a New Orleans. Dopo essersi sposata giovanissima e aver seguito suo marito durante le guerre napoleoniche fino alla Campagna di Russia, rimasta vedova studiò medicina, vestita da uomo, a Parigi. Nel 1819 approdò all’est di Cuba, a Baracoa, dove esercitò la sua professione, facendosi chiamare Enrique Favez. Si innamorò di una donna con la quale contrasse matrimonio religioso, ma poco tempo dopo la sua vera natura fu scoperta, condotta all’Avana, incarcerata, processata e condannata nel 1823 “per andar vestida de hombre”. In seguito fu espulsa dall’isola, destino a New Orleans, dove trascorse i suoi ultimi anni in convento. Fu una minuziosa ricerca documentale eseguita da uno storico cubano negli anni novanta del secolo scorso, sfociata poi nella pubblicazione di un libro, a far riscoprire la figura di Favez e creando un vero buzz! A lei sono stati dedicati canzoni, documentari, film e opere di teatro. Il 19 gennaio scorso, a 204 anni esatti dal suo arrivo a Cuba, ho avuto l’onore di inaugurare all’Avana una statua del Dottor Favez, a pochi metri dal carcere dove fu detenuta, e una esposizione che ritraccia la sua vita. La mostra è stata allestita in cooperazione con il Museo Cantonale di Archeologia e Storia di Losanna, che ha ospitato l’anno scorso, con grande successo di pubblico, la prima tappa dell’esposizione. A pochi mesi dall’entrata in vigore, in Svizzera e a Cuba, del matrimonio fra persone dello stesso sesso, il personaggio di Favez è diventato una figura di riferimento per la comunità LGBTQ+ a Cuba e non solo”.

Quali sono le similitudini tra la Svizzera e Cuba secondo lei?

“È una domanda insidiosa, perché ogni buon diplomatico, dovrebbe essere in grado di illustrare, con almeno un paio di esempi, le analogie fra il suo Paese di origine e quello di residenza. Se mi permette, vorrei sfuggire a questo esercizio di stile, perché le differenze fra i due Paesi oltrepassano di gran lunga eventuali similitudini, che, ripeto, durante i più di tre anni che ho trascorso sull’isola ho cercato invano. Una delle ragioni che ha spinto molti svizzeri, da Favez fino ai turisti dei giorni nostri, a voler scoprire Cuba è proprio questa differenza, quell’esotismo che molti cercano e trovano dovuto all’incredibile meticciato fra discendenti europei, essenzialmente spagnoli, e africani. La bellezza della sua popolazione, il sincretismo religioso e la ricchezza musicale probabilmente unica nel mondo, non sono che tre esempi di questa mescolanza. Purtroppo i Cubani stanno attraversando un periodo particolarmente difficile della loro storia e duole vedere tanti giovani e meno giovani, sovente ben preparati, lasciare in massa l’isola in cerca di un’esistenza migliore”.

Pubblicazione articolo: INFOpmi Malcantone – febbraio 2023