interviste

la voce di un Ticino in continua crescita ed evoluzione

Fabio Le elezioni viste da Nenad Stojanovic

Politologo e professore di scienze politiche all’Università di Ginevra

Che elezioni ci aspettano secondo lei?

“La grande novità è l’alleanza PS-Verdi che si presenta su una lista unica per il Consiglio di Stato. La sinistra segue così l’esempio dei partiti della destra nazionalista, Lega e UDC, che anche quest’anno, come nel 2019, corrono insieme. In entrambi i casi ciò si spiega soprattutto con la paura del partito più grande della coalizione di perdere un seggio in governo: i leghisti temono di perdere uno dei due seggi e i socialisti quell’unico che hanno. Ricordo che nelle elezioni 2011 e 2015 la Lega ha raccolto da sola il 29,8%, rispettivamente il 27,7% dei consensi. Nel 2019, insieme all’UDC (che da solo “pesa” fra 5 e 7%), è arrivata al 27,9%. Senza il soccorso dell’UDC è quindi assai probabile che il secondo seggio della Lega andrebbe al PLR, che nel 2019 aveva il 24,5% dei voti”.

Quindi si può dire che l’UDC e i Verdi portano l’acqua al mulino del fratello maggiore?

No, sbaglia chi la pensa così. Questi due partiti sanno che da soli non ce la farebbero comunque ad entrare nel governo mentre preparano il terreno per ribaltare i rapporti di forza fra quattro o otto anni. Greta Gysin dei Verdi sarà in pole position per succedere un giorno a Marina Carobbio, che con ogni probabilità verrà eletta il 2 aprile. Piero Marchesi dell’UDC, invece, ci prova già quest’anno. Non è escluso che riesca ad entrare ma dubito che ce la farà. I due uscenti – Gobbi e Zali – hanno un elettorato solido e beneficiano anche di appoggi esterni. Però è chiaro che il giorno in cui il secondo seggio della lista Lega-UDC andrà a uno o una rappresentante dell’UDC ciò potrebbe essere l’inizio di un declino o almeno di un ridimensionamento della Lega”.

In cosa consiste il suo lavoro da politologo?

“È analogo al lavoro del criminologo: lui o lei cerca di capire cosa si nasconde dietro a un’operazione criminale e a scoprire i rapporti di forza fra i vari attori. I politologi invece cercano di capire cosa si nasconde dietro le scelte dei politici”.

Si aspetta degli scossoni?

“Nelle elezioni svizzere – federali, cantonali o comunali che siano – è relativamente raro che si producano grandi scombussolamenti. In generale si tratta di leggeri spostamenti: un seggio in più o in meno nel governo per questo o quell’altro partito, un paio di seggi in più o in meno nel Gran Consiglio. Solo facendo un’analisi retrospettiva sul medio o lungo termine – 10 o 20 anni almeno – possiamo dire: “ecco, quello è stato uno scossone”. Nel contesto ticinese, questo si può senz’altro affermare osservando quanto successo con l’arrivo della Lega sulla scena politica”.

Uno dei temi principali è la scarsa affluenza della popolazione alle urne. Perché c’è così poco interesse?

“A dire il vero in Ticino la situazione è abbastanza buona: il 59% degli aventi diritto di voto ha partecipato alle elezioni del 2019. Nelle ultime elezioni cantonali che si sono tenute nei grandi Cantoni svizzerotedeschi come Argovia, Berna e Zurigo solo una persona su tre è andata a votare!  L’eccezione ticinese si spiega in buona parte con la forte concentrazione mediatica: quando ci sono le elezioni cantonali i media ne parlano tutti i giorni, la gente pensa – per dirla con un pizzico di ironia – che qui si decidono le sorti del mondo”.

Una maggiore spinta decisa verso il voto elettronico può avvicinare i più giovani alla politica o comunque alla vita sociale e democratica della società?

“Il voto elettronico non è sicuramente la panacea, ma credo che sarebbe un passo nella buona direzione e che sia solo una questione di tempo prima che arrivi anche da noi”.

Pubblicazione articolo: INFOelezioni – marzo 2023